Mercato Salario
Il mercato Salario un tempo era costituito da box fissi e bancarelle smontabili che occupavano tutta via Metauro, da via Salaria a Viale Regina Margherita. Oggi invece gli operatori sono notevolmente diminuiti e ogni mattina aprono il loro banco sul primo tratto di via Metauro e su parte di via Simeto.
Tra i banchi del mercato
Sul fronte alimentare non ci sono più pescivendoli, macellai, pizzicagnoli ma solo banchi di frutta e verdura, mentre per il non alimentare c'è molta scelta: intimo e abiti, scarpe e sciarpe, bigiotteria e casalinghi, il banchetto del cachemire a prezzi abbordabili, quello di abbigliamento per bambini. Da anni si parla di uno spostamento avversato dagli stessi commercianti: “Corrono voci di trasferirci in una stradina stretta, con alberi alti, totalmente inadeguata oppure in una zona attrezzata, ma non si sa bene dove”– si lamenta Francesco, un banco di frutta e verdura alzato davanti a un fondo che gli fa da magazzino, e che risulterebbe quindi molto scomodo se ci fosse il trasferimento.
Tra i banchi di frutta e verdura spicca quello di Beatrice, che con il figlio Massimiliano e il marito Angelo viene tutti i giorni da Mentana, Fonte Nuova per portare “erbe campagnole come tarassaco, caccialepre, borragine, cicoria selvatica. Mio marito esce con il cestino e il coltelletto perché noi stiamo in campagna e poi io realizzo le mie insalate, fresche, di stagione a seconda di quel che c'è nei campi e integrando con la produzione del nostro orto”. Eh sì perché al banco della signora Beatrice puoi trovare la misticanza già combinata, pulita e lavata a cui manca solo il condimento. Poi ci sono le uova delle sue galline, le olive che mette via lei, i fiori del suo giardino perché Beatrice e i suoi arrivano alle cinque la mattina per allestire il banco e si vede, colorato e ricco com'è.
“Quando ho preso il banco avevo 27 anni – racconta Beatrice – ma prima stavo al mercato di via Gregorio VII e qui ci stava mia mamma Ida, poi dodici anni fa ho rilevato la sua licenza per mio figlio Massimiliano. Qui accanto poi c'è anche il banco di mia sorella, è tutto in famiglia”.
Tra le curiosità del mercato Salario c'è anche la bancarella dei libri usati di Marco, che purtroppo non è ancora riuscito ad ottenere una licenza. “Con i miei libri sono abusivo. Io prima mi occupavo di musica, ma ora è da un po' di anni che compro e vendo libri usati. Ho già provato più volte a fare richiesta, ma non ho ottenuto nulla”.
Il paese di Alice
“La mia favola preferita è Raperonzolo. Me la faccio leggere tutte le sere da mamma, papà, nonni, amici, chi capita va bene purché mi leggano Raperonzolo. Qualche volta me la faccio leggere pure la mattina appena sveglia.
E' la storia di un taglialegna e di sua moglie (“tanto buona e cara, ma pure un po' sciocchina”) che aspettavano un bambino che poi si rivela una bambina, ma mica si sapeva prima a quei tempi. La moglie entra in fissa con i ravanelli e il marito (“sciocchino anche lui”) invece di andare al mercato a comprarli, si cala nell'orto di una strega e glieli ruba. La strega però si arrabbia moltissimo e gli ruba la bambina appena nasce. E la chiama Raperonzolo, le fa crescere i capelli lunghissimi, glieli fa raccogliere in lunghe trecce e la chiude in una torre senza porte con solo una finestrella in alto, da dove lei deve gettare le trecce come fossero una corda. Poi arriva un principe, ci sono un po' di peripezie, varie questioni e poi alla fine vivono per sempre felici e contenti.
Quando sono stata al mercato Salario ho visto il bellissimo banco di Beatrice con un sacco di insalate, di fiori e di ortaggi e in centro a fare bella mostra rossi, rossi un bel mazzo di ravanelli. Chissà se Beatrice è la strega della favola, mi sono chiesta. Ma aveva un'aria troppo gentile e simpatica e mi sono detta di no. Però mi sa che i ravanelli per sicurezza non li mangio”.
Quattro passi più in là
Bastano davvero quattro passi per uscire dall'allegro caos del mercato di via Metauro, ed entrare in un mondo favoloso (e qui l'aggettivo è da intendersi nel suo significato letterale): è il QUARTIERE COPPEDE', il complesso di edifici che prende il nome dall'architetto fiorentino che nel 1915 diede vita a questo angolo magico di Roma. Magico e anche misterioso, se è vero che il regista horror Dario Argento lo utilizzerà come sfondo a più di un suo film. Il perché è facile da intuire anche visitando il quartiere di giorno: vi consigliamo di farlo entrando dall'arco che si apre in via Tagliamento (la via del Piper, lo storico locale degli anni '60 che lanciò il beat italiano, Patty Pravo e Renato Zero), un perfetto biglietto da visita del mondo fantastico che vi apprestate ad attraversare. Una volta entrati, non avete bisogno di altri consigli, se non quelli di andare a zonzo tenendo il naso all'insù e gli occhi bene aperti, pronti a cogliere i mille dettagli sorprendenti, le citazioni, i simboli che si susseguono da un palazzo all'altro.
Restiamo nel quartiere Coppedè, e restiamo nell'ambito del “favoloso”, aggettivo spesso attribuito – e di solito accompagnato da sospiri e sguardi nostalgici – agli anni '60. Di questo periodo rievocato come vera e propria età di spensieratezza - specie se riletta alla luce dei successivi “anni di piombo” - uno dei simboli più celebri è un locale che si trova proprio in via del Tagliamento: stiamo parlando del PIPER. Inaugurato nel 1965, diventerà presto la casa di tutti quei musicisti che volevano aprire la nostra canzone al nuovo sound che impazzava oltre Manica, e di tutti i giovani che volevano imitare lo stile in voga nella “swinging London”. E così, è il Piper a lanciare il “beat italiano”, tenendo a battesimo gruppi come l'Equipe 84, i Pooh, Le Orme, i New Trolls, i Dik Dik. E ancora, da questo palco spicca il volo quella che poi sarà conosciuta come “la ragazza del Piper”, Patty Pravo; e sulle stesse tavole nascono le irresistibili trasgressioni di Renato Zero. D'altronde, se i tradizionalisti li accusavano di scimmiottare le mode anglosassoni, non si può dire che gli artisti del Piper non avessero buoni maestri: grazie al club di via Tagliamento, alcuni fortunati possono vantarsi di aver visto suonare dal vivo vere star come i Byrds e i Procol Harum, e gruppi allora giovanissimi e semisconosciuti come i Genesis e i Pink Floyd. E allora, anche se oggi il club non ha più un'oncia del glamour di un tempo, chi è cresciuto al ritmo del suo beat non può astenersi dal rendergli omaggio con un breve, nostalgico pellegrinaggio.
Se l'insegna del Piper sembra simboleggiare un'epoca e un mondo destinati forse a non tornare più, basta ri-attraversare viale Regina Margherita per imbattersi in un luogo dove invece il tempo sembra davvero essersi fermato. Alla metà del '700, per la precisione. Si tratta di uno dei segreti meglio custoditi di Roma. Oppure, stando alle denunce periodicamente apparse sui quotidiani, uno dei peggio custoditi: VILLA ALBANI. Il visitatore comune può soltanto intuire le meraviglie naturali e architettoniche dello splendido complesso voluto dal cardinale Alessandro Albani, nipote di papa Clemente IX: per ammirare da vicino la favolosa collezione di sculture antiche del cardinale serve invece, come in ogni favola che si rispetti, il “sì” di un principe. Infatti, senza il consenso degli attuali proprietari, i principi Torlonia, (serve una richiesta scritta, ma non necessariamente scritta su pergamena e recapitata da messaggeri a cavallo: basta inviare una mail all'indirizzo Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
, e sperare nella magnanimità del destinatario), il turista deve accontentarsi di sbirciare i giardini all'italiana, le fontane, e gli edifici da dietro le sbarre dei cancelli che danno sulla strada. E sospirare pensando alle tele di Tintoretto, Perugino, Guercino, Giulio Romano, Van Dyck da secoli custodite nella Galleria della villa e nascoste agli occhi del mondo. Per restituire alla città questo patrimonio, nel 2003 il Comune aveva ipotizzato di ricorrere all'esproprio, ma questa intenzione è rimasta lettera morta, lasciando nel degrado e nella sporcizia il parco, che con i suoi dieci ettari è anche uno dei principali polmoni verdi della città.
DOVE |
via Metauro |
GIORNI DI APERTURA | Lunedì - Sabato |
ORARIO |
7:00 – 14:00 |
PARCHEGGIO | difficile dal lunedì al venerdì, si trova il sabato |
autobus |
dalla stazione Termini, Linea 360 |