Mercato Parioli
Il mercato Parioli è stato il primo a credere nelle aperture serali e nell'idea che i banchi potessero avere una vita lunga dalla mattina alla sera e in estate anche alla notte. Trasferito da via Locchi alla fine del viale omonimo nel 2006, grazie all'intraprendenza di alcuni giovani si è fatto pioniere di un nuovo modo di vivere il mercato, non solo negli orari stabiliti per normativa (fino alle 14 con due eventuali pomeridiane fino alle 17) e non solo con l'offerta tradizionale (frutta, verdura, pesce, macelleria) ma con street food, aperitivo e un nuovo tipo di gelateria che permette una seconda vita, notturna, fino alle 23.
Tra i banchi del mercato
"Nei difficili mesi del lockdown abbiamo tenuto duro - racconta Alfredo Caliciotti, originario dei Castelli romani, una presenza storica (la signora nella foto è la mamma Emilia) e presidente del mercato - e ora siamo pronti a tornare con la bella stagione con molte novità. Quasi tutti i banchi si stanno rinnovando per offrire una bella occasione di incontro all'aperto".
Banchi classici la mattina e il pomeriggio, streefood la sera: la macelleria dell'azienda agricola biologica San Bartolomeo (uova, polli, tacchini e conigli allevati in libertà) di sera propone cartocci di fritti, crocchette, polpettine e mezzalune ripiene (da un'idea dello chef Christian), la birreria di Federico e Pierluca Beerhall apre il pomeriggio con birre artigianali (locali, italiane, europee e anche provenienti da tutto il mondo) da portarsi a casa o bere sul posto, e la gelateria Steccolecco, gelati alle creme e alla frutta senza additivi con la forma del ghiacciolo ma tutt'altro sapore. Attualmente i banchi di frutta e verdura sono tre fissi e uno stagionale, quest'ultimo lo trovate il mercoledì e il sabato fino alle 2. Massimo arriva due volte la settimana dai Castelli romani e organizza pur senza un banco frutta e verdura accanto al suo furgone.
Sul fronte carni oltre alla polleria biologica c'è anche la macelleria Albanesi, carni pregiate ma anche tanti pronti a cuocere per chi ha poco tempo da dedicare in cucina, c'è un alimentari che si rifa alla classica pizzicheria romana e una ristopescheria - altro punto di forza dell'aperitivo serale - che abbina all'offerta tradizionale di pesce fresco anche pronti a cuocere e i fritti realizzati sul momento.
Se i banchi della famiglia Caliciotti rappresentano la tradizione, sicuramente il più innovativo è quello frigo dei sei amici di Steccolecco. “Volevamo unire la cremosità del gelato artigianale con la forma del ghiacciolo – racconta Jacopo, uno dei sei – Al di là poi dell'estetica (molto curata, va detto, anche nel packaging e nel servizio) volevamo che il nostro fosse un gelato naturale senza semilavorati, conservanti: i sorbetti sono frutta, acqua e zucchero, mentre le creme hanno naturalmente la base di latte. Abbiamo tutto qui: laboratorio, punto vendita e dehors, che sono sedili e tavole ottenuti con semplici pancali”. La scelta è variegata: si va dai sorbetti di frutta esotica come mango e frutto della passione ai Gentilini al cacao, ogni giorno gusti diversi a seconda dell'offerta. Dalla mattina alla sera il mercato Parioli accoglie i suoi clienti, c'è anche un bar dove fare un'ottima colazione.
Il paese di Alice
"Devo ammetterlo qualche volta sono, come dice la mia mamma, un po' brigante. Non ubbidisco a mamma e papà, faccio tutto di testa mia e non do retta a nessuno. Il giorno che siamo stati al mercato Parioli era uno di quei giorni lì, un po' da brigante. Continuavo a girare come una trottola tra i banchi e volevo toccare tutto: i peperoni, la frutta, le piante. E facevo domande su domande: ma questo è un pollo a pezzi? Posso avere la pizza rossa? Ma c'è un po' di musica per ballare?
Poi di fronte al banco del gelato ho piantato su un capriccio infinito perché era mezzogiorno e io volevo il gelato prima di pranzo. Mamma però è stata irremovibile. A furia però di chiedere e chiedere una cosa l'ho ottenuta: una signora gentile mi ha regalato un grappolo d'uva. L'ho poi mangiata: era dolcissima".
LA RICETTA DI ALICE
Pasta con la zucchina siciliana detta anche zucchetta
Bollire la zucca a pezzi in abbondante acqua salata e ripassarla in padella con olio e aglio e pomodorini. Unirci la pasta cotta al dente e ripassarla. Infine si condisce con parmigiano o pecorino grattugiato
Quattro passi più in là
Dopo il suo trasferimento, il mercato Parioli si è trovato a confinare con uno dei luoghi simbolo del Risorgimento nella capitale: VILLA GLORI. Oggi la collina, che un tempo ospitava vigneti, è stata ribattezzata “Parco della Rimembranza” in memoria di tutti i soldati caduti a Roma in ogni epoca, ma la sua storia è legata a filo doppio alla vicenda di 78 valorosi che nel 1867 tentarono di portare armi ai rivoluzionari e scompiglio tra le truppe del Papa. Si trattava di un manipolo di giovani volontari garibaldini venuti dal nord per liberare la città dal potere temporale e consegnare all'Italia unita la sua capitale. A guidarli, un ragazzo di Pavia il cui fratello maggiore aveva partecipato alla spedizione dei Mille con Garibaldi. Il suo nome è Enrico Cairoli, la storia dei suoi compagni d'avventura è ricordata da una colonna nel cuore del parco, la sua eroica morte è commemorata da un monumento in mattoncini rossi che custodisce un ramo secco del mandorlo sotto il quale, tra le braccia del fratello Giovanni, pronunciò le sue ultime parole. Il tutto ebbe inizio la notte del 23 ottobre, quando, dopo aver navigato dall'Umbria lungo il Tevere, i giovani sbarcarono in città e si arrampicarono sui monti Parioli in cerca di un riparo. Lo trovarono tra le vigne, nel casino della famiglia Glori. Per farsi coraggio, svuotarono parecchie bottiglie di rosso che trovarono nella cantina. Poco dopo, l'unico colore rosso sarà quello del sangue che versarono in un terribile scontro alla baionetta contro i soldati svizzeri e tedeschi, più numerosi e meglio armati. Il loro sacrificio sarà cantato in versi dal poeta romano e romanesco Cesare Pascarella: 25 sonetti intitolati “Villa Gloria”, che si guadagnarono l'elogio entusiastico di Giosuè Carduccci. “Mai poesia di dialetto italiano era salita a quest'altezza”, scrisse il primo Nobel per la letteratura italiano, riconoscendo al collega trasteverino di essere riuscito a “scolpire la idealità eroica degli italiani che muoiono per la patria con la commozione di un gran cuore di popolo e con la sincerità d'un uomo d'azione”.
Ma tra gli alberi della villa Glori non troverete solo le tracce di un'antica battaglia. Passeggiando tra lecci, pini, aceri e ulivi vi potrebbe capitare di imbattervi in segni apparentemente lasciati da una civiltà aliena, venuta dal futuro e intenzionata a comunicare con noi. Se avete quest'impressione, vi trovate nel bel mezzo del PARCO DI SCULTURA DI VILLA GLORI, il primo a Roma dedicato all'arte contemporanea. Un tentativo coraggioso, in una città tradizionalmente refrattaria ad aprirsi al nuovo, ma solo in parte riuscito. Inaugurato nel 1997 con opere di artisti di caratura internazionale (Kounellis, Nunzio e Staccioli, tra gli altri), nel tempo si arricchito di altre due sculture, ma anche purtroppo impoverito a causa dell'incuria e di piccoli vandalismi. Lasciamo a voi il giudizio, invitandovi a seguire il percorso proprio a partire dalle ultime due opere, installate nel 2000: la “Porta del Sole” di Giuseppe Uncini, che apre l'itinerario facendo anche da quinta a un animato parco giochi per bambini, e soprattutto l' “Uomo-erba” di Paolo Canevari. Non sappiamo se è una sfida dell'artista oppure è solo la conseguenza di una cattiva manutenzione, ma riuscire a individuare l'opera – nonostante le cartine presenti nel parco - è una vera caccia al tesoro! Del resto l'ideatrice del percorso, la critica d'arte Daniela Pasti, aveva dichiarato di voler esplorare la possibilità di sperimentare l'integrazione tra arte e natura. Beh, almeno da questo punto di vista, con l'“Uomo-erba” la scommessa può dirsi completamente vinta!
Scendendo da Villa Glori verso l'ansa del Tevere dove sbarcarono Cairoli e i suoi compagni d'avventura, troverete il luogo giusto per bere una sorsata ristoratrice. E per farvi raccontare una storia d'amore. La storia di amore dei romani per uno dei monumenti più popolari della città (una relazione “benedetta” da almeno quattro papi). Ma anche la storia d'amore di un donnaiolo re straniero con un'italianissima e intellettualissima marchesa. Andiamo con ordine. Innanzitutto, il nome: stiamo parlando della FONTANA DELL'ACQUA ACETOSA, voluta da Paolo V nel 1619, fatta restaurare da Innocenzo X, dotata dell'odierno aspetto da Alessandro VII e ancora ritoccata da Clemente XII. Era stato il primo di questi pontefici a fissare fin da subito nel marmo, in latino, le caratteristiche che ben presto resero quest'acqua così popolare tra i romani: “è medicina dei reni, dello stomaco, della milza e del cuore, ed è utile per mille malattie”. Oggi l'acqua che scorre nelle tre vasche del ninfeo – sormontate dallo stemma dei Chigi – non è più quella fresca, frizzantina, leggermente acidula che faceva mettere in coda gli abitanti della capitale: da qualche decennio è stata sostituita da normale acqua potabile, e da almeno un secolo non si ha più traccia degli “acquacetosari”, che giravano per la città a bordo dei loro carretti per venderla in damigiane e fiaschi impagliati. Eppure, questa medicina naturale deve aver continuato a far bene al cuore dei romani, che nel 2003 hanno dato una clamorosa conferma del loro affetto per il monumento. In quell'anno infatti per la prima volta il Fai (Fondo per l'ambiente italiano) ha indetto il censimento dei “Luoghi del cuore”, chiedendo ai cittadini di segnalare i luoghi da preservare nel Belpaese. Ebbene, al primo posto con 1.472 segnalazioni si è piazzata la Fontana dell'Acqua Acetosa. Ed è anche grazie a questo exploit che si è reso possibile un nuovo restauro dell'esedra, concluso ufficialmente nel dicembre del 2009, dopo anni di abbandono. Ma vi avevamo promesso un'altra storia d'amore, all'origine di un altro restauro della fontana. Siamo nel 1821 quando re Luigi di Baviera – innamorato dell'arte e delle donne, e per questo assiduo frequentatore dell'Italia – conosce la marchesa Marianna Florenzi, durante un ballo nella residenza dei Torlonia. La fontana presto diventa il luogo prediletto dei loro incontri, tanto il sovrano bavarese finanzierà la realizzazione di sedili (tutt'oggi presenti) e farà piantare nuovi alberi, per rendere più confortevoli e ameni i rendez-vous con la nobildonna. Per oltre quarant'anni i due si scambieranno inviti (alla corte di Monaco lui, per l'irritazione della regina Teresa; nelle tenute in Umbria lei, per la rassegnazione del marchese Ettore suo marito), lettere (quasi cinquemila) e reciproci omaggi: lei traduce in italiano le non indimenticabili poesie del monarca (impresa meno degna di nota rispetto alle sue traduzioni dell'opera di Liebniz e Schiller, e alla divulgazione di quelle di Hegel, Kant e Spinoza), lui la fa immortalare dal pittore di corte Stieler insieme ad altre 35 avvenenti fanciulle nella sua Galleria delle Bellezze. E così ancora oggi il sorriso della marchesa Florenzi ammalia i visitatori del Castello di Nymphenburg, a Monaco di Baviera.
DOVE | viale Parioli |
GIORNI DI APERTURA | Lunedì - Sabato |
ORARIO | 7:00 - 14:00 (con apertura serale di alcuni banchi fino alle 23) |
PARCHEGGIO | non esiste un vero parcheggio, tollerato lungo viale della Moschea |
AUTOBUS | dalla stazione Termini, Linea 217 |